PASSIONE – Un vestito rosso

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“Sangue vivo è quello che scorre a ritmo ossessivo, con cui da tempo immemorabile si percuotono i tamburelli nella terra salentina. Lo si fa per placare una forza oscura e dolorosa, il dolore non passa, ma finché la musica dura, sembra possibile perdonare la vita.” – Pino Zimba

Se svuoto la mente e la rendo bianca più o meno come questa pagina, e penso alla parola “passione”, come sto facendo ora per farmi venire in mente qualcosa da scriverci su, allora affiora piano piano un’immagine.
Come un biscotto rugoso tuffato nel latte che prima o poi risale, mostrando prima i suo contorni velati e poi affermandosi stabilmente, come un’isola più o meno decisa a rimanere in groppa a quello specchio bianco, così i primi pixel che emergono paiono appartenere alla Deposizione di Cristo, di Caravaggio.
Il primo colore è quello della carne, il corpo abbandonato del Cristo.
Poi il mantello arancione di Nicodemo.
Le gambe anziane dell’apostolo e il gomito che fora la tela verso di noi, quasi l’osservatore fosse chiamato a dare un sostegno.
I volti, le mani e gli abiti.
La pietra dove il corpo verrà adagiato non pervenuta.
Solo un colore diffuso color prugna, nemmeno presente in questo quadro.
Un porpora scuro, un colore autunnale.
La carica erotica ma decadente e barocca che mi richiama questa parola.
Se l’erotismo è magia, delicata elegante come la danza di due insetti, la passione invece è del tutto umana.
Un fuoco e un impeto che, se proprio vogliamo spingerci oltre il porpora che invade la vista, ha il colore del vino e del sangue.
E allora, sarà eros la passione?
No, credo sia semplicemente carne, è il patimento della carne che vuole danzare, o danza o non può farlo, ma sente in tutto il suo essere una spinta, del tutto umana, che è quella del sangue, la vitalità del proprio sangue.
La Taranta salentina è un’espressione di questo argento vivo che non può essere represso, pena la malattia, e che si dà voce, saggiamente, così.
Sono sempre stato inquietato e affascinato dalla “possessione” di queste donne della tradizione, che erompevano dalla propria condizione di oppressione su vari fronti, in questo modo antichissimo e magico.
Allo stesso tempo le ragazze, totalmente in un altro contesto, che ballano la pizzica a piedi nudi nelle serate del Sud Italia.
Nella prima occasione non so come reagirei, se con lo spirito dell’antropologo oppure quello dello scienziato di fronte ad un sintomo.
Nel secondo caso, in presenza delle danzatrici, mi appollaierei con lo Stregatto, su un ramo, per contemplare la scena e poi contemplare me che contemplo la scena.
Un’altra situazione è quella in cui invece mi sento in pieno diritto di sguazzare. La passione e l’impeto. Il fuoco di un brano di Raichmainiov, che mi induce in un breve stato ipomaniacale in cui posso sentire le mie corde vibrare e tenderle come insegna lo zen, decidendo in quell’istante se dare corpo all’anima. Se ballare. Il palcoscenico è il luogo dell’esibizione, e l’esibizione di passioni intense può essere nonviolenta?
Io credo di sì, se si sa recitare.
Se non si sa recitare allora si ha la purezza sinistra di una tarantolata.
Se invece tutto fila liscio come l’olio, allora si ha… il Tango.

“Il Tango non è una danza ma una ossessione. Per il tanguero è una parte della vita come mangiare e dormire. Erotica e appassionata, inquietante e malinconica, che coinvolge non solo il corpo ma anche l’anima” – Carlos Gavito

Se proprio devo scrivere un articolo sula Passione allora vorrei che iniziasse in tutta sincerità e che terminasse con un Tango.

 

                                                                                                Invade, Scalda, Illumina.

Il fuoco come metafora della passione, divampa e pervade, risalta in mezzo al buio, è ciò che alimenta l’energia di chi lo sperimenta, è forza che trasforma un pezzo di legno in cenere fertile, come una mera attività che diventa dono per gli altri.               -Martina, redazione francese

…e infine un breve video su cos’è per noi la passione:

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