SERVIZIO – Ciao!

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Si può entrare in servizio, prestare servizio o rendere servizio… ma cosa vuol dire esattamente “servizio”?

Dal latino servitium, derivazione di servus ‘schiavo’ o più propriamente “condizione di schiavo”.

Gli antichi ne avevano derivato una forma di saluto deferente servus, appunto, dichiarazione di disponibilità così ossequiosa e scontata quanto il gesto di togliersi il cappello, quando ne portavamo. È tuttora usato in Baviera o presso alcune regioni della Romania. 

Oppure sulla stessa linea, il veneziano s’ciavo (lat. sclavus, schiavo, inteso qui come servo vostro) da cui deriva il nostro “ciao”.

Si indica una disposizione a farsi carico delle richieste dell’altro quasi fisicamente. 

È un prestarsi, un mettersi a disposizione come mezzo in carne ed ossa di un’altrui volontà. Non a caso cercando in internet spunti sul termine trovo per lo più articoli religiosi. Mentre nell’intercalare il “farsi schiavo” è chiaramente un’iperbole che non viene presa alla lettera, nell’ambito del trascendentale la questione si complica, perché non solo non riceviamo risposta ma l’affermazione è anche retorica perché servi, o schiavi lo siamo di certo, che lo accettiamo o no. 

Se accettiamo un trascendentale oltre noi (che poi vuol dire sopra di noi) allora automaticamente ci confiniamo, ci rendiamo cioè conto della nostra finitezza. 

Se l’uomo di Platone, uscito dalla caverna avesse scorto, illuminate dal sole, le aberrazioni partorite dallo scrittore statunitense di narrativa Horror Lovercraft probabilmente sarebbe tornato dentro a riallacciarsi alle catene, murandosi anche l’entrata dietro. 

Insomma rendersi con una formula servi tra pari livello è tutta un’altra questione, è una faccenda umana, fatta di forma oltre che spirito. 

Prima di tentare una rilettura in chiave pacifista del nazionalista giapponese Yukio Mishima, morto nel 1970 in un suicidio rituale insieme ad altri paramilitari mentre occupava il Ministero della Difesa giapponese, ed essere cacciato dalla redazione (anche se penso che prima o poi qualcuno dovrà farlo!), cosa ci azzecca tutto questo con il servizio di servizio civile? 

La “S” di SCU indica una richiesta di disponibilità, identica a quella voluta dal servizio militare. Ma il servizio civile nasce quando la leva militare era obbligatoria, non era una scelta. Facile allora mettersi al servizio. 

Decidere di devolvere il proprio impegno ad una causa diversa ma non davvero in opposizione alla sicurezza della patria (se per patria si intende l’uomo) è una scelta vera, responsabile.  

Quando facevo il primo anno di università a Trento, seguivo un corso di Logica e il professore una volta ci parlò del principio di carità, atteggiamento per cui l’interprete si propone di reputare vera e complessivamente coerente la maggior parte degli enunciati proferiti dal parlante 

“corrisponde ad una regola di benevolenza interpretativa (“tratta l’altro come te stesso”) e ad una proiezione della nostra razionalità (“ricerca la coerenza tra disposizioni ed atti”), due condizioni che tendono a massimizzare l’accordo e a rendere minime le differenze.”

In altre poche parole è il venire incontro all’altro, traducendolo con la massima lealtà intellettuale possibile. 

Questo, a pensarci a distanza di anni, mi sembra il sottinteso che doveva esserci dietro al ciao.

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