Molti anni fa mi fu regalato un libro in occasione di un mio compleanno, forse avevo 12 o 13 anni, intitolato “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, di Mark Haddon.
È il racconto di Christopher, un ragazzo affetto dalla sindrome di Asperger, una forma di autismo. Abita in una placida cittadina della provincia inglese e vivrebbe una vita da normale quindicenne, se non fosse resa più intensa da una miriade di piccole impressioni, apparentemente insignificanti, che ci racconta in prima persona con dovizia di particolari.
Odia il marrone e il giallo, il contatto con gli estranei e quello tra i cibi nello stesso piatto.
Ama le scienze, la vernice rossa e le avventure di Sherlock Holmes.
Un giorno Christopher troverà il cane della vicina, Wellington, ucciso senza apparente motivo e in sintonia con il suo eroe letterario partirà alla ricerca di una spiegazione logica; ricerca che lo condurrà fuori dal suo villaggio e dalla sicurezza dei suoi rituali sempre identici, per giungere nella metropoli, Londra, fatta di volti imperscrutabili, emozioni difficili da comprendere, ma anche di treni e coincidenze, parte di quel mondo esatto dove lui ritrova il suo angolo di ordinata quiete.
Durante questo viaggio Christopher affronterà le sue fobie, il mondo degli adulti e le loro, tanto quanto le sue, imperfezioni.
È un libro che regala la possibilità di vivere un’avventura con gli occhi di una mente “diversa” ed è sorprendente, addentrandosi nella lettura, immedesimarsi nel protagonista e scoprirsi a sentire le sue stranezze come proprie.
Per questo consiglio questo romanzo breve nella mia rubrica sulle “parole”, in occasione della seconda giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, per potersi affacciare dal di dentro su questo mondo ancora semisconosciuto che è appunto l’autismo.