Gino Strada è innanzitutto un medico nato nel 1948 a Sesto San Giovanni provincia di Milano, che si laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale, si specializza nei trapianti di cuore e cuore-polmone presso le Università di Stanford e di Pittsburgh negli Stati Uniti per poi dedicarsi all’attività di Chirurgia d’urgenza per dare assistenza ai feriti di guerra, al fianco della Croce Rossa Internazionale prestando soccorsi in Pakistan, Etiopia, Tailandia, Afghanistan, Perù, Gibuti, Somalia e Bosnia.
Nel 1994, valorizzando tutta l’esperienza accumulata in Croce Rossa, insieme alla moglie Teresa Sarti e alcuni colleghi e amici, fonda Emergency, una associazione indipendente e neutrale, nata per portare cure medico-chirurgiche di elevata qualità e gratuite alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà.
l primo progetto di Emergency, lo vede in Ruanda durante il genocidio, poi in Cambogia, sempre in prima linea con in testa l’idea chiara che “ i pazienti vengono prima di tutto”.
Nel 1998 parte per l’Afghanistan e dopo un anno Emergency apre un centro chirurgico per vittime di guerra ad Anabah nella valle del Panshir. In 7 anni di permanenza in Afghanistan opera migliaia di vittime di guerra e di mine antiuomo e contribuendo all’apertura di altri progetti nel paese ed oggi Emergency è presente con 3 ospedali, un centro di maternità e una rete di 44 posti di primo soccorso.
“Quel che facciamo per loro, noi e altri, quel che possiamo fare con le nostre forze è forse meno di una gocciolina nell’oceano. Ma resto dell’idea che è meglio che ci sia quella gocciolina, perché se non ci fosse sarebbe peggio per tutti. Tutto qui. E’ un lavoro faticoso quello del Chirurgo di guerra, ma, è anche, per me , un grande onore. Lavorare per un mondo di pace è la miglior cosa che si può fare per le generazioni future”.
Il suo senso di giustizia e la sua lucida visione lo portavano a sostenere che “I diritti degli uomini devono essere di tutti, proprio di tutti sennò chiamateli privilegi” e, che per questo motivo la sanità pubblica non doveva essere affossata a favore di quella privata, perché il compito di ogni stato è quello di permettere l’accesso alle cure a tutti a partire dalla classe più povera e debole.
Aveva anche un’alta consapevolezza del valore politico del suo agire infatti, criticando il potere che alimenta le guerre, diceva:
“Soltanto dei cretini potevano pensare di continuare a fare guerre in giro per il mondo senza che questo avesse delle ricadute sull’Europa. Purtroppo i cretini ci sono e sono spesso in posizioni molto alte della società”.
Per questo suo impegno a sostegno delle persone più povere ed indifese, per il suo operato, il suo alto valore morale e umanitario, ha ricevuto diversi riconoscimenti: e il più importante nel 2015 con il “Right Livelihood AWARD” considerato il Nobel per la Pace alternativo.
Durante la sua attività le strutture da lui fondate e coordinate hanno curato oltre 11 milioni di persone in vari scenari di guerra in tutto il mondo ma anche nella lotta contro Ebola e Covid.
I racconti del lavoro svolto sul campo e le riflessioni sulle esperienze vissute in diverse tipologie di guerre sono racchiusi all’interno di alcuni libri: PAPPAGALLI VERDI, DIARIO DI UN CHIRURGO DI GUERRA (1999), BUSKASHI,VIAGGIO DENTRO LA GUERRA (2002), ZONA ROSSA (2014).
Ci ha lasciato lo scorso 13 agosto ma vivo in noi è il suo impegno contro le guerre, a sostegno degli ultimi in mezzo ai conflitti armati e sui barconi, tra gli esseri umani ridotti in schiavitù, in povertà, e con le persone prive di sostegno e di umanità.
Riteniamo però che il testimone più impegnativo che ci lascia è quello di continuare a lottare per una sanità di qualità che sia universale, pubblica, gratuita, integrata.
E in questa lotta ciascuno di noi può e deve dare il suo contributo.