Ciascuno cresce solo se sognato

Danilo Dolci nasce a Sesana (Trieste, ma ora città Slovena) il 28 giugno 1924 e muore a Partitico (Palermo) il 30 dicembre 1997.

E’ stato un sociologo, poeta, educatore ed attivista della non violenza e fu soprannominato Gandhi della Sicilia o Gandhi italiano (appellativo condiviso con Aldo  Capitini e Franco Corbelli).

Compie i primi studi in Lombardia, dove nel 1943 consegue il diploma di geometra e nello stesso anno la maturità artistica a Brera. Ama la musica classica, soprattutto Johann Sebastian Bach e legge autori moralmente impegnati come Tolstoj, Russell, Voltaire e Seneca. Durante gli anni del fascismo dimostra la sua ampia avversione alla dittatura, strappando manifesti propagandistici del regime, poi nel 1943 rifiuta la divisa della Repubblica Sociale Italiana e tenta di attraversare la linea del fronte ma viene arrestato dai nazifascisti a Genova.

Riesce a fuggire e si ripara presso una casa di pastori nell’Appennino Abruzzese a Poggio Cancelli una frazione di Campotosto vicino L’Aquila.

Terminata la guerra studia Architettura alla Facoltà della Sapienza di Roma dove segue le lezioni di Ernesto Bonaiuti, poi torna a Milano dove conosce Bruno Zevi. Inizia ad insegnare in una scuola serale di Sesto San Giovanni e tra gli operai che seguono le sue lezioni vi è Franco Alasia che diventerà uno dei suoi più stretti collaboratori. Prosegue gli studi di Architettura al Politecnico di Milano, ma nel 1950, poco prima di discutere la tesi, abbandona tutto e aderisce all’esperienza di Nomadelfia, una comunità animata da Don Zeno Saltini a Fossoli (frazione di Carpi) provincia di Modena.

Negli anni 50 comincia la sua attività poetica e una sua lunga lirica dal titolo “Parole nel giorno “ è raccolta nell’antologia nuovi poeti. Nel 1952 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) dove inizia lotte non violente contro la mafia, la disoccupazione, l’analfabetismo e la fame endemica causati dall’assenza dello stato e dalle disparità sociali, per l’affermazione dei diritti umani e civili fondamentali e grazie al suo impegno sociale verrà chiamato il Gandhi italiano perché, nella sua attività di animazione sociale e di lotta politica, ha sempre utilizzato con coerenza e coraggio lo strumento della nonviolenza.

Il 14 ottobre 1952, a Trappeto, Dolci inizia la prima delle sue numerose proteste nonviolente e inizia il digiuno sul letto di Benedetto Barretta, un bambino morto per la denutrizione, e c’era l’accordo che se anche Dolci fosse morto di fame, sarebbe stato sostituito da altre persone, fino a quando le istituzioni italiane non si fossero interessate alla povertà della zona. La protesta riuscì a coinvolgere anche la stampa e cesserà quando le autorità si impegnarono pubblicamente ad eseguire alcuni interventi urgenti, come la realizzazione di una rete fognaria.

In questo periodo si stabilisce un dialogo intenso e duraturo tra Dolci e il filosofo nonviolento Aldo Capitini.
Nel 1953 Danilo Dolci sposa Vincenzina, la vedova di un contadino marinaio di Trappeto, morto per malattia, la donna ha cinque figli e altri cinque figli nasceranno dall’unione con Dolci.
Nel gennaio del 1956 a San Cataldo (in provincia di Caltanissetta), oltre mille persone danno vita allo sciopero della fame collettiva, per protestare contro la pesca di frodo, tollerata dallo Stato, ma che priva i pescatori di mezzi di sussistenza.

La manifestazione viene sciolta dalle autorità con la seguente motivazione “un digiuno pubblico è illegale”.

Il 30 gennaio 1956 a Partinico un paese tra Palermo e Trapani, ha luogo lo sciopero alla rovescia, basato sul fatto che se un lavoratore per scioperare si astiene dal lavoro, un disoccupato sciopera lavorando.
Centinaia di disoccupati si organizzano per riattivare una strada comunale abbandonata, ma i lavori vengono fermati dalla Polizia e Dolci con alcuni collaboratori vengono arrestati per  resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, istigazione a disobbedire alle leggi e invasione di terreni. Questo episodio suscita molta indignazione nel Paese e provoca numerose interrogazioni parlamentari. La stampa si occupa del processo che annovera tra i suoi avvocati difensori il giurista Pietro Calamandrei, membro dell’assemblea Costituente, che scrive: ” Il Pubblico Ministero ha detto che i giudici non devono tenere conto delle “correnti di pensiero” ma cosa sono le leggi se non correnti di pensiero e se non fossero questo sarebbero solo carta morta e invece le leggi sono vive perché dentro queste formule bisogna far circolare il pensiero del nostro tempo, lasciarci entrare l’aria che respiriamo, metterci dentro i nostri propositi, le nostre speranze, il nostro sangue, il nostro pianto. Altrimenti, le leggi non restano che formule vuote, pregevoli giochi da legulei, affinché diventino sante, esse vanno riempite con la nostra volontà”.

Durante il processo sfilarono come testimoni della difesa: Carlo Levi, Elio Vittorini, e si schierarono a loro favore: Giorgio La Pira, Guido Piovene, Renato Guttuso, Bruno Zevi, Bertrand Russell, Alberto Moravia, Norberto Bobbio, Cesare Zavattini, Ignazio Silone, Enzo Sellerio, Aldo Capitini, Paolo Silos Labini, Eric Fromm, Jean Paul Sartre, Aldous Huxley e Jean Piaget.

E malgrado le arringhe e le esortazioni nei confronti dei giudici a comportarsi con giustizia per ridonare speranza, Dolci fu condannato a 50 giorni di carcere. In questo periodo molti giovani volontari decidono di sostenere l’attività di Dolci a Partitico e a Palermo, dove nel frattempo ha avviato diverse iniziative nei quartieri più poveri.

Con Pino Lombardo e Franco Alasia, Danilo Dolci fu promotore di un’altra iniziativa non violenta, l’apertura della prima radio italiana ad infrangere il monopolio della RAI: Radio Portinico Libera. La radio iniziò le sue trasmissioni il 25 marzo 1970 per lanciare un appello disperato a più di due anni dal tremendo sisma che aveva devastato la Sicilia occidentale. Ma ancora una volta le forze dell’ordine provvedevano al sequestro degli impianti e alla chiusura dell’emittente e seguì un processo senza conseguenze penali. Si moltiplicano gli attestati di stima e solidarietà in Italia e all’estero (esempio Carlo Levi, Norberto Bobbio, Eric Fromm ecc…) mentre per altri come ad esempio il cardinale Ernesto Ruffini in una lettera pastorale del 1964, Danilo Dolci, insieme al romanzo capolavoro di Tomasi di Lampedusa, il Gattopardo e al gran parlare di mafia era una delle tre cause che contribuivano a disonorare la Sicilia.

Ma l’intensa attività di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico non si ferma e portano Dolci nel 1965 a muovere pesanti accuse ad esponenti di spicco della Democrazia Cristiana. Queste accuse vengono formulate in una conferenza stampa dopo un’audizione in commissione antimafia ma sia Dolci che Franco Alasia vengono querelati per diffamazione e, dopo un tormentato percorso processuale durato 7 anni, condannati ma solo un’amnistia eviterà loro la detenzione.

 

Nella sua vita Danilo Dolci avrà numerosi riconoscimenti. Ne ricordiamo alcuni:

nel 1957  Unione Sovietica Premio Lenin per la pace che Dolci accetta pur dichiarando di non essere comunista e con i soldi del premio si costituisce a Partitico il “Centro Studi “ e iniziative per la piena occupazione.

nel 1968 l’Università di Berna gli conferisce la laurea Honoris causa in Pedagogia

nel 1969 viene insignito della Medaglia d’oro dell’Accademia dei Lincei per la sua opera di diffusione dei valori umanitari e culturali.

nel 1970 ottiene il Premio Socrate di Stoccolma per “l’attività svolta in favore della pace, per i contributi di portata mondiale dati nel settore dell’educazione”

nel 1989 a Bangalore, in India, riceve il premio internazionale Gandhi per l’approfondimento dei valori rivoluzionari nonviolenti.

nel 1996 Università di Bologna gli conferisce la laurea honoris causa in scienze dell’educazione.

nel 2007 a Sezena sua città natale, viene posta una targa bilingue sulla porta della sua casa.

Concludo riportando una poesia di Danilo Dolci, che oggi si presenta a noi come un invito a sognare sia per noi sia per gli altri un’occasione di vita e di crescita diversa da quella che si vede ora.

 

C’è chi insegna

guidando gli altri come cavalli

passo per passo:

forse c’è chi si sente soddisfatto

così guidato.

C’è chi insegna lodando

quanto trova di buono e divertendo:

c’è pure chi si sente soddisfatto

essendo incoraggiato.

C’è pure chi educa, senza nascondere

l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni

sviluppo ma cercando

d’essere franco all’altro come a sé,

sognando gli altri come ora non sono:

ciascuno cresce solo se sognato.

Danilo Dolci

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