Gloria Volpe si racconta …

Gloria Volpe, presidente e socia fondatrice di Azione Comune di Pace è un’associazione di promozione sociale nata a dicembre 2020 con l’obiettivo di sensibilizzare la società civile al tema dei conflitti sociali (visibili e marginali), alla cultura di pace, alla nonviolenza e alla promozione dei diritti umani, specialmente grazie allo strumento dell’educazione informale. L’esperienza dei soci fondatori di ACP si radica nello sviluppo di azioni di pace maturate congiuntamente sia all’interno delle esperienze vissute in zone di conflitto e post-conflitto come Corpi Civili di Pace, sia nell’ambito di altre cornici in enti del Terzo Settore a livello nazionale e internazionale, che nel campo della ricerca.

Gloria dopo la laurea in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale nel 2015 parte come servizio civilista in Colombia e il tema del conflitto colombiano la appassionerà tanto che nel 2017 riprende servizio come Corpo Civile di Pace in Ecuador lavorando con la popolazione rifugiata vittima dello stesso conflitto armato. Nel 2019 ritorna in Ecuador e si accredita come formatrice in Diritti Umani con la RADH e l’anno successivo come Formatrice per i CCP con il Dipartimento delle Politiche Giovanili e del Servizio Civile Universale. Attualmente il suo lavoro è nell’ambito del Servizio civile, del terzo settore e della Cooperazione e solidarietà internazionale.

 

Con quali parole racconteresti la tua esperienza di Servizio Civile e di CCP?

L’esperienza di Servizio Civile, per me, è stata come “un togliere le bende dagli occhi”.

Come prima esperienza lunga all’estero, in una realtà lontana e tanto diversa da quella che conoscevo, è stata una scossa di terremoto, vedere la sofferenza negli occhi di bambini, donne o di giovani come me. Ero partita con l’idea di fare qualcosa per loro e invece mi sono ritrovata a tornare a casa, cambiata io.

Diversa è stata l’esperienza dei CCP, perché sapevo già dove mi stavo muovendo, il contesto, la cultura, la storia. Il tempo di adattamento al luogo è stato più veloce. Mi sono trovata ad incarnare e riflettere su uno dei principi fondamentali dei CCP che è quello di Terzità nei conflitti e dell’ascoltare tutte le parti in campo.

Etichettare è dare un ruolo, ma in quel contesto ho capito che i ruoli sono e possono essere interscambiabili e che per fare un sevizio accogliente e aperto bisogna creare ponti e cambiare sguardo.

Spesso i guerriglieri sono costretti ad esserlo per circostanze legate alla propria vita che li portano a non avere altre vie di uscita.

 

Quali sono le dimensioni di fragilità e di assenza di pace che hai riscontrato nel tuo servizio?

In Ecuador le crepe principali che ho riscontrato sono relative al tessuto sociale. È un paese e un popolo, quello andino, storicamente e culturalmente molto tranquillo.

Ma fragilità sta nelle frontiere, che hanno zero controllo, e quindi si vedono arrivare flotte di gente, che arrivano nel paese da situazioni di estreme, ma che non si conoscono, e iniziano a chiedere elemosina sui mezzi pubblici oppure per strada. Quindi di conseguenza aumenta anche il tasso di criminalità. Questo crea confusione e destabilizzazione al popolo e alla vita nel territorio.

 

Cosa significa per te nonviolenza e come questa parola viene incarnata nella tua vita di tutti i giorni?

Questa parola si incarna nella mia vita praticando attivismo e non passività. Cerco di essere coerente nelle relazioni che creo, nei contesti che frequento e nelle comunicazioni che intraprendo.

Inoltre, voler creare il coordinamento dei CCP, formato da alcuni Volontari che hanno svolto già il servizio e operatori del settore che ha significato per me concretizzare un sogno che mi portavo nel cuore, cioè quello di permettere ai giovani di conoscere questa bellissima possibilità di vicinanza agli altri che possono avere. Scegliere di imboccare un percorso, nato da un desiderio e poi vederlo realizzato mi da tanta forza, anche, e soprattutto grazie alla presenza e all’unione di un gruppo che crede, come me, nei valori che stanno alla base e nella possibilità che sono i CCP.

 

Come si può, oggi, da giovani, scegliere di imboccare un percorso così?

Innanzitutto, credo che la principale cosa da fare sia quella di mettersi in ascolto di quello che fa vibrare le corde della nostra anima, capire dove siamo chiamati ad essere e poi affidarsi a chi può indirizzarci e accompagnarci in questa scoperta.

 

Per chi volesse approfondire invece il contenuto del progetto può vedere il documentario HUMANA ESPERANZA – Voces entre fronteras del conflicto colombiano realizzato da Gloria e Giovanni nell’ambito del progetto di CCP del CESC Project “Camminiamo insieme: percorsi di reinserimento sociale per i rifugiati colombiani vittime di violenza”.

 

 

Lascia un commento