Quando gli Europei arrivarono in Sud America, circa 500 anni fa, i Guarani furono uno dei primi popoli ad esser contattati e a perdere quasi totalmente la loro terra e a subire le violenze dei coloni. Per i Guarani, la terra è origine di ogni forma di vita. Ma il loro territorio è stato completamente invaso e devastato da allevatori e imprenditori agricoli. I loro leader sono stati assassinati, i loro bambini muoiono di fame e a centinaia si sono tolti la vita.
Oggi, in Brasile vivono circa 51.000 Guarani, in sette stati diversi. Sono il popolo indigeno più numeroso del paese. Altri gruppi vivono nei paesi vicini: Paraguay, Bolivia e Argentina. I Guarani brasiliani sono suddivisi in tre gruppi, di cui quello dei Kaiowá è il più numeroso (Kaiowá significa ‘popolo della foresta’). Gli altri due gruppi sono i Ñandeva e gli M’byá.
Sono un popolo profondamente spirituale. Molte comunità hanno una casa di preghiera comune e un capo religioso, il pajé, la cui autorità dipende solo dal suo prestigio e dalla sua autorevolezza.
Sin da quando possono ricordare, i Guarani sono sempre stati alla ricerca di una terra senza dolore, o “Terra senza Demonio”, in cui le anime possono riposare in pace dopo la morte. Raggiungere questo luogo è per loro importantissimo. I problemi sono particolarmente gravi nel Mato Grosso do Sul, dove i Guarani un tempo occupavano circa 350.000 chilometri quadrati di foreste e pianure. Oggi, invece, vivono ammassati in anguste porzioni di terra circondate da allevatori di bestiame e vaste piantagioni di canna da zucchero e soia. Alcuni gruppi sono rimasti completamente senza terra e vivono accampati ai margini delle strade.
I Guarani nel Mato Grosso do Sul subiscono razzismo e discriminazioni; i livelli di violenza da parte della polizia sono molto alti. Si stima che vi siano più di 200 Guarani in prigione: questi non hanno accesso, se non limitato, all’assistenza legale e agli interpreti, e si trovano intrappolati in un sistema legale che non comprendono. A conseguenza di questa situazione, innocenti sono stati condannati e molti stanno scontando condanne sproporzionatamente dure per reati minori.
La risposta di questo popolo profondamente spirituale alla perenne mancanza di terra è stata un’epidemia di suicidi unica nel Sud America: dal 1986 più di 517 Guarani si sono suicidati, la più giovane vittima aveva solo nove anni.
Significativa è la storia della ventisettenne Marinalva Manoel che viveva a Ñu Verá, una comunità di 28 famiglie Guarani Kaiowá da sempre impegnata nella lotta per far riconoscere i 1.500 acri di terra su cui vivono e lavorano, come appartenenti al popolo indigeno. Anche se il processo legale è in una fase avanzata, sono sottoposti a molte pressioni da parte degli allevatori locali che contestano la loro richiesta, e anche da parte degli sviluppatori, che vogliono la terra per l’alloggio, perché è vicino alla città.
Una mattina del 1 ° novembre 2014, il corpo di Marinalva è stato trovato sul ciglio della strada con ferite multiple da arma da taglio. Marinalva era un membro del Grande Conselho Guarani-Kaiowáda Aty Guassu del Guarani Kaiowá.
Due settimane prima di essere uccisa, Marinalva era andata a Brasilia come parte di una delegazione di leader che rappresentavano le popolazioni indigene. Si erano accampati dalla Corte Suprema per protestare contro la proposta di ribaltare la decisione di concedere la terra ai Guarani Kaiowá.
Marinalva aveva parlato molte volte della recente resurrezione delle minacce da parte degli allevatori locali o delle persone da loro impiegate. Nel suo comunicato stampa, l’ONG Mulheres (la parola portoghese per “donne”) ha descritto Marinalva come “una giovane donna ostinata che ha osato sfidare i diritti dei popoli indigeni, compresa la garanzia della terra e dell’ancestralità”.