Ricorda Maro Ajello che, quando chiesero a Pier Paolo Pasolini se ci fosse un’espressione romana che lo rappresentava più di altre, lui rispose che la parola è anvedi.
«Perché è l’unico caso, l’unico momento in cui il romano si scopre. Cioè rivela di possedere la capacità di stupirsi e di non essere sempre apparentemente cinico o distaccato. Perciò l’anvedi mi piace molto»[1].
Questa espressione è l’antagonista del “ma che te frega” che il mondo sussurra alle nostre orecchie costantemente.
L’espressione tipica di chi vuole farci mascherare di paura e di cinismo nei confronti del circostante e di chi si posizione davanti a noi. È molto meglio, più facile e più conveniente rifigurarci nel già noto, nel già vissuto e lasciar morire piano piano la nostra piccola parte di anvedi.
“Che ti importa? Perché te la prendi? Perché ci pensi? Perché ti interessi?”.
Anvedi ha lo stesso significato che diede Don Lorenzo Milani all’esclamazione “I care”, “Mi sta a cuore” ed è l’esatto contrario del motto fascista “Me ne frego”.
Antonio Gramsci nel 1917 a proposito dell’indifferenza, ma sembra calzare a pennello nella spiegazione della parola meraviglia, scriveva che tutto è tranne che non coinvolgimento. «L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia».
C’è una parola greca che racchiude meglio delle altre il significato stretto della parola meraviglia e questa è θαυμάζω [thaumazo] che significa proprio: meravigliarsi, stupirsi, essere colto da meraviglia, da stupore.
Ma per i greci questo sentimento di stupore o di sorpresa si prova davanti allo sconosciuto, sia a tutto ciò che e bello ma anche brutto, a ciò che provocava piacere ma anche dolore o paura.
Il thauma è la percezione dell’orrore di esistere e dell’inquietudine faticosa di trovare la propria strada e il proprio orizzonte di senso.
Affrontare tutto questo dolore è il primo passo per accettare la meraviglia, ma molti preferiscono restare nel guscio del già noto, perché convinti di essere protetti in questo.
Per sapere di essersi persi bisogna avere la sensazione che da qualche ci sia un luogo da raggiungere, che dentro si muove un sogno o un desiderio di meraviglia e che questo è racchiuso nella strada che facciamo per raggiungerlo[2].
[1] http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/approfondimenti/anvedi-espressione-di-stupore-romanesco-cara-a-pasolini/
[2] Cfr. COLAMEDICI A. – M. GANCITANO, Lezioni di Meraviglia. Viaggi tra filosofia e immaginazione, Edizioni Tlon, 2017.
“Innamoratevi, se non vi innamorate è tutto morto… morto!
Vi dovete innamorare e tutto diventa vivo, si muove tutto… –dilapidate la gioia, sperperate l’allegria e siate tristi e taciturni con esuberanza!
Fate soffiare in faccia alla gente la FELICITÀ!”
Roberto Benigni – “Poesia” – tratto dal film “La tigre e la neve”