Gli scugnizzi dei quartieri

(di Alma Perrone)

Svolgere il servizio civile ai Quartieri Spagnoli vuol dire entrare in contatto con una realtà estremamente complessa, poliedrica, contraddittoria e in continuo divenire. Quando si parla delle periferie delle metropoli siamo soliti immaginare dei non luoghi collocati ai margini dell’agglomerato urbano, quartieri dormitorio abbandonati a se stessi e difficili da raggiungere con i mezzi del trasporto pubblico, microcosmi di emarginazione e povertà privi di attrazione per chiunque non ci viva o lavori. Non sempre, però, bisogna allontanarsi così tanto dal centro per imbattersi in uno di questi non luoghi. A Napoli, schiacciati tra la centralissima Via Toledo e il Corso Vittorio Emanuele, a due passi dal Palazzo Reale e dal Teatro San Carlo, troviamo i Quartieri Spagnoli: una periferia incastrata nel cuore del centro storico, posta esattamente nel mezzo tra una delle principali zone culturali-commerciali e la “Napoli bene”. Costruiti nel 1536 per ospitare gli ufficiali e i soldati dell’esercito spagnolo al servizio dell’allora viceré del Regno di Napoli Pedro de Toledo, i Quartieri Spagnoli – più comunemente detti solo “i Quartieri” – sono storicamente dipinti come uno dei fulcri dell’economia informale e del malaffare. Un’area socialmente vulnerabile in cui si registrano alcuni dei più alti tassi di lavoro irregolare, di disoccupazione e di evasione scolastica della città.

 

Il 10% dei bambini napoletani abita ai Quartieri Spagnoli. Si tratta di ragazzini e ragazzine cresciuti con il mito di Maradona che quasi mai escono da quel fitto dedalo di viuzze, dove c’è poca luce e dove il verde urbano è per lo più inesistente (0,6 metri quadri per abitante). L’unico parco pubblico della zona è il Parco dei Quartieri Spagnoli, situato nella parte alta a ridosso di Corso Vittorio Emanuele, che include un’area verde di 16mila metri quadri, ma non è liberamente fruibile.

Per molti di loro, che vivono nei cosiddetti “bassi” (anguste abitazioni a piano terra), la strada diventa il prolungamento naturale delle loro case e lo spazio privato finisce per confondersi con quello pubblico. Tra uno scooter parcheggiato davanti all’ingresso e uno stendipanni a bordo strada, nel continuo via vai del traffico, questi bambini giocano a pallone o a nascondino.

 

Quasi tutti provengono da famiglie numerose e in difficoltà economica. Spesso abbandonano la scuola in tenera età. Prima della pandemia il tasso di dispersione scolastica era stimato intorno al 30% tra gli 8 e i 14 anni; se si considera, poi, che non tutti durante il lockdown disponevano degli strumenti necessari per accedere alla didattica a distanza, si presume che il quadro attuale sia ben più drammatico: secondo Rachele Furfaro, presidente della Fondazione dei Quartieri Spagnoli Foqus, potrebbe aggirarsi tra il 50% e il 75%. [https://www.tempi.it/scuola-abbandono-dispersione-sud/]

 

Una volta finita (o abbandonata) la scuola, i ragazzi provano ad inserirsi nel mercato del lavoro. C’è chi vorrebbe fare il barbiere, chi il maestro d’ascia, chi l’estetista, chi l’odontotecnico, chi il medico, chi l’insegnante. Ben presto, però, sono costretti a scontrarsi con la realtà: imparare un mestiere o conseguire un titolo di studio richiedono tempo e risorse, e non tutti possono permetterseli.
Così imparano fin da piccoli l’arte dell’arrangiarsi.

 

Abbandonati dalle istituzioni e tagliati fuori dal dibattito pubblico, gli scugnizzi dei Quartieri sono invisibili ai più. Finiscono sulle prime pagine dei quotidiani nazionali solo quando sono coinvolti in qualche furto o rapina, alla voce “baby gang”. Rappresentati dall’alto e da lontano come pigri, violenti, criminali e devianti, molti di loro, alla lunga, finiscono per riconoscersi nelle etichette che gli vengono affibbiate. L’unica risposta che finora le istituzioni sono state capaci di dare a quella che è evidentemente una falla del sistema assume connotati meramente securitari e repressivi, senza intervenire sulle sue cause strutturali.

 

Basterebbe trascorrere soltanto qualche ora in compagnia di questi scugnizzi, sedersi in mezzo a loro, per rendersi conto che dietro gli atteggiamenti scontrosi e aggressivi che assumono si nascondono storie di precarietà, disagio e sofferenza.

 

Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli

In quell’aria spessa carica di sale, gonfia di odori

lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano

quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano.

Se tu penserai, se giudicherai

da buon borghese

li condannerai a cinquemila anni più le spese

ma se capirai, se li cercherai fino in fondo

se non sono gigli son pur sempre figli

vittime di questo mondo”.

 

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