Simone Adolphine Weil (Parigi, 3 febbraio 1909 –Ashford, 24 agosto 1943) è stata una filosofa, mistica e scrittrice francese. È stata una combattente per la giustizia e il rispetto della dignità umana, appassionata all’idea di Dio, cui corrispondere senza limiti confessionali. Nacque in una famiglia ebrea non praticante. Fu una tra le prime donne ad avere accesso ai corsi del celebre filosofo Alain. Terminati gli studi all’École Normale, insegna filosofia nelle scuole di alcune città di provincia, interessandosi al contempo all’istruzione e ai problemi di operai, contadini e disoccupati. È un insegnante di filosofia originale e appassionata a quello che insegna, ed una donna con una marcatissima vocazione a condividere la miseria umana e a conoscere l’essenza delle cose. A Puy, il suo primo luogo di insegnamento, provoca scandalo, militando come sindacalista, distribuendo lo stipendio agli operai in sciopero e guidando una delegazione al municipio. In occasione di alcuni viaggi, si rende conto in anticipo del dramma dell’ascesa del nazismo e della diffusa condizione di miseria delle popolazioni. Si impegna allora nella denuncia, pubblicando articoli di critica socio-politica che condannano i totalitarismi di destra e di sinistra mentre difendono il pacifismo tra gli stati nazionali.
«Dal giorno in cui, dopo una lunga lotta interiore, ho deciso in me stessa che, malgrado le mie inclinazioni pacifiste, il primo dei miei doveri diveniva ai miei occhi perseguire la distruzione di Hitler con o senza speranza di successo, da quel giorno non ho mai desistito; è stato il momento dell’entrata di Hitler a Praga…Forse ho assunto tale atteggiamento troppo tardi» (S. Weil, Scritti sulla guerra 2005).
La questione della condizione operaia la preoccupa a tal punto, che decide di farne esperienza sulla propria pelle, facendosi assumere come operaia presso alcune fabbriche metallurgiche di Parigi, nonostante il suo fisico gracile, minato da continue emicranie. Durante questa esperienza diretta nella fabbrica si rende conto che la dignità degli uomini e delle donne lavoratori è umiliata a tal punto che essi non sono più consapevoli dei diritti inalienabili e scrive all’amica Alberatine Thévenon:
«E non pensare che (questo) abbia provocato in me movimenti di rivolta. No, al contrario ha provocato ciò che meno mi sarei aspettata da me – la docilità. Una docilità da bestia da soma rassegnata. Mi sembrava essere nata per aspettare, per ricevere, per eseguire ordini» (S. Weil, La condizione operaia 1952).
Nell’estate del 1936 si unisce in Spagna alle brigate internazionali che combattevano nella guerra civile, per combattere al fianco dei repubblicani ma ammalata è costretta a tornare a Parigi un anno dopo.
Nel 1938 dopo una visita ad Assisi decide di trascorrere le vacanze di Pasqua nell’abbazia benedettina di Solesmes, dove resta affascinata dal canto Gregoriano. Da quel momento si avvicinò al cristianesimo, religione da lei definita “degli schiavi”. Tentò allora un serrato confronto con dei religiosi, scegliendo però di non entrare nella chiesa istituzionale, in modo da non smarrire la libertà e rimanere nella scomoda posizione di chi resta sulla soglia, insieme a quanti o non vogliono o non possono varcarla. Attuò così quella «pulizia filosofica» della religione cattolica che viene di rado praticata. La conversione al pacifismo, dapprima radicale di fronte al pericolo dell’ennesima “guerra di Troia” per l’Europa, vacilla sotto la prepotenza del nazifascismo che avanza indiscusso.
«Dal giorno in cui, dopo una lunga lotta interiore, ho deciso in me stessa che, malgrado le mie inclinazioni pacifiste, il primo dei miei doveri diveniva ai miei occhi perseguire la distruzione di Hitler con o senza speranza di successo, da quel giorno non ho mai desistito; è stato il momento dell’entrata di Hitler a Praga…Forse ho assunto tale atteggiamento troppo tardi» (S. Weil, Scritti sulla guerra 2005).
Nel 1942, quando Parigi viene dichiarata città aperta, Simone è costretta a lasciare la Francia con i suoi familiari, a causa della persecuzione nazista. Dopo un breve soggiorno a New York, si dirige in Inghilterra per unirsi come redattrice al comitato nazionale «France Libre» del generale De Gaulle unendosi, a suo modo e secondo le sue condizioni fisiche, alla Resistenza.
Il suo impegno è stato grande e i temi che l’hanno coinvolta e interpellata sono stati molti. Dalla critica al colonialismo, alle obiezioni mosse verso il marxismo e alla struttura partitica. Cercò di avanzare proposte per un uso del coraggio che non fosse violenza, ma pace, progettando, per esempio, la formazione di un corpo infermieristico femminile di prima linea.
La condizione fisica di Simone si indebolì in tempo di guerra, quando, anche per solidarietà con i suoi concittadini, ridusse l’alimentazione ai limiti consentiti dalla tessera di razionamento. Ammalatasi infine di tubercolosi, morì nel sanatorio di Ashford il 24 agosto del 1943. Solo dopo la morte verranno alla luce l’alta ricerca intellettuale e l’intensa vita umana e spirituale di questa donna, attraverso la pubblicazione per lo più postuma della sua opera. Esempio di dedizione, di attivismo e di nonviolenza, il coraggio di Weil rimane un esempio e un modello.
«C’è nell’intimo di ogni essere umano, dalla prima infanzia sino alla tomba e nonostante tutta l’esperienza dei crimini commessi, sofferti e osservati, qualcosa che si aspetta invincibilmente che gli si faccia del bene e non del male. È questo, prima di tutto, che è sacro in ogni essere umano. Il bene è l’unica fonte del sacro». (Da La persona e il sacro, in Morale e letteratura, traduzione di Nicole Maroger, ETS, Pisa, 1990, p. 38.)
PER APPROFONDIMENTI
Attesa della rivoluzione, attesa di Dio. La vita breve e intensa di Simone Weil – Michela Nacci
PER SINTONIZZAZIONI ASCOLTARE
Franco Battiato – L’ombra della luce