26 ANNI. 9.490 GIORNI SULLA TERRA.

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:Voci
  • Commenti dell'articolo:0 commenti

3/6 anni i primi risvegli traumatici, la materna, i pianti, il bisogno di giocare e l’impostazione alla vita adulta.

7/11 anni il grembiule, le prime note perché hai voglia di vivere e saltare. Le ripetizioni di inglese e matematiche perché saranno ciò che ti salverà la vita.

12/19 le prime lotte alla sopravvivenza e alla conquista del potere. La repressione delle così dette soft skills per l’esaltazione sul compito e sull’essere migliore del tuo compagno.

19/24. La scelta di qualcosa che sarà per sempre il tuo futuro. L’auto determinazione e lo spaesamento. L’università e la voglia di conoscenza.

20/26 1.000 ore di tirocini, stage, affiancamento, supervisione, accompagnamento, primi lavori sottopagati, scrittura eccellente del curriculum, soft e hard skills, domande inviate e salti nel vuoto. Stress da lavoro correlato, burnout, demotivazione, blocco creativo.

Ho 26 anni, quasi 27, anche se a volte me ne sento 50.  Sono una giovane adulta. Lavoro da 10 anni, da 6 nel terzo settore e da 4 anche nel mondo della formazione. Sono laureata con il massimo di voti e specializzata. Sottoponendomi ad una valutazione delle mie competenze trasversali risulto essere molto corazzata su queste e anche molto promettente. Capacità di creare gruppo, lavorare in team, comunicazione efficace e assertiva, riconoscimento e gestione delle emozioni, problem solving, strategie di coping, insomma mica male.

Ma ahimè ancora mi ritrovo a dover fare gavette, ad essere sottopagata, a correre da una parte all’altra di Roma cercando di arrivare al terzo lavoro della giornata con solo 15 minuti di ritardo. E tutto ciò per arrivare a pagare a malapena l’affitto, le spese varie di sopravvivenza, le tasse e lo psicologo, che è l’unica cosa che ancora mi tiene in vita e mi aiuta a non sabotarmi sull’istante (escludendo da questo discorso il fatto che mi costa come un affitto).

Mi sembra così difficile sognare nel mondo di oggi, direi impossibile.

Per una giovane donna, energica, intraprendete e fresca, come è normale per l’età che porta, è impossibile sognare una vita dignitosa e serena. Vabbè …  lasciamo da parte la serenità, che è un costrutto complesso. Sognare una vita dove poter lavorare con passione, voglia, con il giusto salario e nel rispetto dei propri diritti.

Alcune mattine mi sveglio stanca e senza vita, ma non per la stanchezza fisica (su questo ho un corpo molto forte), ma per l’esatto contrario, per la tristezza di non poter fare quello che per me è oltre che un lavoro uno stimolo e un desiderio.

Quelle mattine mi guardo allo specchio e mi sento vuota e impotente, competente, ma invisibile, confusa per il passato, spaesata nel presente e angosciata per il futuro, che non vedo assolutamente buono.

Salgo sulla metro, mi guardo intorno, incrocio gli sguardi di chi viaggia con me e mi commuovo, sentendo muovermi dentro le loro emozioni.

Se insistiti raggiungi! Forse sei tu che sei troppo esigente, che non ti sai accontentare!  Che ti frega dei tuoi valori basta che ti danno uno stipendio a fine mese, prenditi tutto!

Mi sento ripetere queste parole tossiche da tutti quelli che ho intorno e sono come lame affilate che mi tagliano pezzi di pelle e mi rendono spoglia e più fragile.

Vorrei urlare che no, non è vero che se insisti raggiungi, perché se parti da meno 10 ci metterai più tempo e anche più energie e sarai più stanco sempre di più.

No, non mi accontento che no di cedere ad un mondo dove vince chi divora tutto quello che incontra, puntando soltanto alla propria performance, speculando anche sulle persone più vulnerabile pur di arrivare primo.

Judith Butler scrive così “Se devo vivere una vita buona sarà una vita vissuta insieme agli altri, una vita che non può essere chiamata vita senza gli altri. Non perderò questo «io» che io sono; chiunque io sia, verrò trasformato dalle connessioni con gli altri, poiché la mia dipendenza dagli altri e la mia «dipendibilità» sono necessarie a vivere, e a vivere bene”.

La natura intrinseca dell’essere umano è esistere e per farlo sento che l’unico modo è conoscere se stessi, camminare insieme e resistere. Voglio resistere per la vita buono, che c’è, da qualche parte c’è e voglio dire a quanti come me si trovano in questa condizione di continuare ad essere pessimisti nella ragione, dove c’è motivo di esserlo, ma sempre ottimisti nella volontà, come diceva Gramsci, per compiere azioni di giustizia e pace, ovunque.

Alessia Saini

Lascia un commento