RESISTENZA – C’è Resistenza e resistenza

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La parola su cui vogliamo far luce oggi è “resistenza“. Credo che a parte chi di noi ha confidenza con l’elettricità la parola evoca a tutti o quasi tutti lo scenario della lotta e perlopiù quello della lotta partigiana al nazifascismo, Resistenza con la “r” maiuscola.

La resistenza che immaginiamo di solito quindi è un atto corale, spesso eroico, opera di un gruppo, talvolta di un intero popolo, oppresso e invece ora fotografato nel momento di opposizione ad un potere costituito. Vedo le barricate fisiche e ideologiche contro un pensiero, supportato volentieri da un esercito, cercare di arginare il suo dilagare, interrompere un “progresso” visto come a senso unico da quelli che vengono lasciati indietro, quando non eliminati.

La resistenza quindi resiste ad un processo di rimozione e questo non la rende necessariamente conservatrice. Piuttosto invece tiene alla vita, o ad un ideale, o più astrattamente a non far spegnere la dialettica degli opposti alla base della democrazia e forse della stessa vita. Ma resistenza è tanto altro e l’accezione su cui vorrei soffermarmi è quella legata alla nonviolenza, allo stare in un posto e mantenere una posizione e senza gesti violenti o eclatanti lanciare un messaggio fortissimo e chiaro.

Penso a Rosa Parks che non si rassegna a cedere il posto in autobus in quanto nera, come previsto quindi dalle leggi dell’apartheid americane. Penso alle marce di Gandhi e di Martin Luther King che conosciamo tutti e penso però anche a tutte le forme di resistenza attiva quotidiana, nella Storia e nel presente, di cui non ci è giunta notizia perché compiuta in silenzio, senza testimoni. Alle parole non dette di un uomo o di una donna imprigionati per dover tradire…e così via, scendendo nel quotidiano, anche al di fuori delle guerre, ma dentro conflitti magari personali, non meno accesi e pieni di dignità.

Questa rubrica tratta di parole però, e di eventi, fatti e testimoni avranno già parlato abbondantemente i miei colleghi, perciò voglio lasciare due ultime righe ad un protagonista del pensiero che crede nella parola come strumento di resistenza e quindi di liberazione:
«La parola non è solamente l’antitesi dell’ignavia, ma indica da subito pericolo e clandestinità»
(Antonio Gramsci)

A voler significare che chi sa è responsabile, chi si informa si coinvolge e non c’è staticità nella resistenza di chi invece del fucile decide ad esempio di imbracciare la penna.

Un'immagine del monumento dedicato ai ragazzi della Rosa Bianca, un gruppo di studenti di Monaco di Baviera che si oppose al regime nazista in modo nonviolento

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