PASSIONE – La passione e il regime

Quando Li Wenliang, medico oculista di Wuhan, inviò quei messaggi ad un gruppo di amici in chat non poteva sapere cosa stesse per succedere. Era la sera del 30 dicembre 2019, nemmeno un anno fa, eppure sembra un’era fa. Il mondo non conosceva ancora il nuovo Coronavirus e il più grande problema della Cina era gestire le masse contadine migranti verso le megalopoli. La nazione più popolosa della Terra continuava la sua corsa forsennata verso uno sviluppo economico che sembrava inarrestabile. Tuttavia, di lì a poco, la Cina e il mondo intero saranno costretti a fermarsi per i motivi che conosciamo bene. Anzi, il motivo, che risponde al nome di COVID-19.

In quei messaggi Li Wenliang informava alcuni suoi amici riguardo la possibile diffusione di un nuovo Coronavirus. Infatti, nella sua esperienza di oftalmologo all’ospedale di Wuhan, aveva riscontrato delle strane congiuntiviti in pazienti affetti da febbre e tosse persistente. Il giovane medico non aveva dubbi: si trattava di un nuovo Coronavirus che non aveva mai infettato il genere umano prima d’ora. Solo così si poteva spiegare l’improvviso aumento di “polmonite da causa sconosciuta”, così chiamata dalle autorità cinesi in quelle settimane di fine anno, che si era abbattuto sulla sua città.

La passione e l’impegno civile, però, in un regime come quello cinese possono portarti dalla parte del torto, se infrangi le direttive imposte dal regime. Così, poche ore dopo l’invio di quei messaggi, il nostro medico sarà raggiunto in casa dalla polizia e portato in caserma. Lì subirà un ammonimento da parte della polizia e di alcuni vertici dell’autorità sanitaria di Wuhan giunti in caserma. Venne accusato di procurato allarme e fu costretto a ritrattare la sua versione. Insomma, Li Wenliang aveva commesso un attentato alla sicurezza e all’ordine pubblico della Repubblica Popolare cinese. Per cosa? Per passione, certamente.

“Ma la passione spesso conduce a soddisfare le proprie voglie” scriveva e cantava Fabrizio de André. Ma la voglia, in questo caso, è ben lungi dall’avere un’accezione egoistica. E’ voglia di svolgere il lavoro dei sogni nell’amata città natale, certamente. Ma è senz’altro voglia di offrire cure ai propri pazienti, quindi persone più o meno fragili. Quella stessa voglia che lo porterà a non abbandonare il suo lavoro nonostante avesse ben chiaro che avrebbe rischiato la vita. Una volontà che fa da testimone ad una grande passione: malgrado tutto, Li Wenliang curerà i suoi pazienti nell’ospedale di Wuhan fino a quando ne avrà possibilità.

La fine della sua storia arriverà troppo presto, nella notte tra il 6 e il 7 febbraio 2020, quando morirà a 33 anni nell’ospedale di Wuhan, dopo aver passato le ultime due settimane della sua vita a combattere contro un virus che adesso aveva un nome. Per un beffardo e quantomai evitabile destino, il giovane medico Li Wenliang è vittima di un virus che lui stesso per primo aveva individuato.

Ci troveremmo oggi in questa situazione se il suo grido d’allarme fosse stato ascoltato? Se la sua passione fosse stata assecondata anziché ostacolata dalle autorità cinesi? Sono domande capziose e improduttive alle quali non avremo mai una risposta. Ma, di sicuro, la passione di Li non si è manifestata invano e sarà per sempre un esempio di amore nei confronti dell’umanità. Noi lo ricordiamo qui con questi suoi ultimi pensieri:

“Non voglio essere un eroe.
Ho ancora i miei genitori,
i miei figli,
la mia moglie incinta che sta per partorire
e ci sono ancora molti miei pazienti nel reparto.
Sebbene la mia integrità non possa essere scambiata con la bontà verso gli altri,
nonostante la mia perdita e confusione,
devo ancora continuare,
Chi mi ha lasciato scegliere questo paese e questa famiglia?
Quanti lamentele ho?
Quando questa battaglia sarà finita,
io guarderò il cielo,
con lacrime che sgorgheranno come pioggia.

Non voglio essere un eroe,
ma solo un medico,
non riesco a guardare questo virus sconosciuto
che fa del male ai miei pari
e a così tante persone innocenti.
Anche se stanno morendo,
mi guardano sempre negli occhi, con la loro speranza di vita.

Chi avrebbe mai capito che stavo per morire?
La mia anima è in paradiso,
guardando quel letto bianco di ospedale,
su cui giace il mio stesso corpo,
con la stessa faccia familiare.
Dove sono mio padre e mia madre?
E la mia cara moglie,
quella ragazza per cui stavo lottando fino all’ultimo respiro.
C’è una luce nel cielo!
Alla fine di quella luce c’è il paradiso di cui spesso la gente parla.
Preferirei non andare,
preferirei tornare nella mia città natale a Wuhan.
Ho la mia nuova casa lì appena acquistata,
per la quale devo ancora pagare il prestito ogni mese.
Come posso rinunciare?
Come posso cedere?
Per i miei genitori perdere il figlio quanto deve essere triste?
La mia dolce moglie, senza suo marito, come potrà affrontare le future vicissitudini?

Me ne sono già andato
Li vedo prendere il mio corpo,
metterlo in una borsa,
dentro la quale giacciono molti connazionali.
Andati come me,
spinti nel cuore del fuoco,
all’alba.

Arrivederci, miei cari.
Addio, Wuhan, la mia città natale.
Spero che, dopo il disastro,
ti ricorderai che qualcuno ha provato a farti sapere la verità il prima possibile.
Spero che, dopo il disastro,
imparerai cosa significa essere giusti.
Mai più brave persone
dovrebbero soffrire di paura senza fine
e tristezza profonda e disperata.

Ho combattuto la buona battaglia,
ho terminato la corsa,
ho conservato la fede.
Ora c’è in serbo per me la corona della giustizia”

Li Wen Liang

Passione tagliente Il popolo è nelle mani di un governo marionettista che ne manovra le scelte ed i comportamenti. In questa ragnatela di imposizioni c’è chi trova la forza ed il coraggio di ribellarsi. Il dottor Li Wenliang con le sue forbici rosse, a simboleggiare la sua passione, ha il potere di spezzare queste catene. Virginie, Redazione Francia

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