“Nessun uomo è un’isola, ogni libro è un mondo”
G. Zevin
Nel vortice di emozioni e sensazioni che per me è stato il primo periodo di servizio civile in Brasile, solo ora, tornata in Italia per il rientro intermedio previsto per il monitoraggio del progetto, riesco a concedermi il tempo necessario per pensare a cosa ho portato con me da questo intenso viaggio. Cosa ho custodito e a volte nascosto nei miei occhi, nelle mie mani, nella mia mente, per portarlo fino in Italia, integro come quando l’ho incontrato. Sono sempre entusiasta di fare vedere i regali scelti per i miei cari dopo un lungo viaggio. Ma il periodo di questi primi mesi non è stato un viaggio, vivevo lì. Non è stato lungo, è volato. E i regali sono dentro di me, e anche se vorrei darne a tutti, sono difficili da aprire e da condividere. È difficile rispondere alle domande di chi, per tre mesi, mi ha saputo in Brasile non sapendo nulla di me e non sapendo nulla del Brasile. È difficile accettare di non aver conosciuto il Brasile bensì assaporato solo una piccola particella di esso. È difficile far capire che in quella particella esiste un mondo così distante e così vicino, senza cadere nelle solite frasi fatte, generalizzazioni inutili. Per questo ho deciso di raccontare una delle infinite piccole cose che racchiude dentro il grande motivo per cui questa esperienza in Brasile la sento utile e necessaria per me, come per i mille volti incastonati nei miei occhi, le mille mani che han stretto le mie e le mille emozioni e sensazioni che mi hanno vorticato in testa.
All’interno del Projeto Luar, l’associazione brasiliana dove svolgo il servizio, vi sono molti laboratori differenti, alcuni nati da poco, che lasciano maggiore spazio per essere protagonisti nella ideazione e nella esecuzione delle attività, e altri più longevi che sono più strutturati e con radici solide. Le esperienze vissute grazie a queste attività mi hanno dato l’opportunità di conoscere una differente me stessa e diverse sfaccettature di questo variegato “Brasile”. Uno dei laboratori che mi ha appassionato di più è stato l’aula di lettura tenuta da Sandrinha, una energica signora amorevole e propositiva, la quale offre un’attività settimanale sulla lettura ai giovani ragazzi del corso di Ballet, prima che inizino la loro lezione di danza. Infatti, l’Associazione Luar ha una grande tradizione di Ballet classico e moderno, che rappresenta il suo fiore all’occhiello, poiché molti bambini – in maggioranza bambine – si avvicinano all’Associazione interessandosi proprio a questo laboratorio, che difficilmente trova molti altri spazi dove poter essere svolto nella periferia della periferia di Rio de Janeiro. All’epoca dell’avvio delle prime attività, nel 1990, era l’unico spazio simile nel quartiere di Jardim Primavera. Dopo o prima della lezione di Ballet, inclusa nell’offerta educativa e artistica, per ogni classe viene organizzata la sala di lettura della durata di circa un’ora, una volta a settimana. Mai avrei pensato che un’a attività così piccola, così marginale per me/ai miei occhi rispetto a tutte le altre proposte, sarebbe diventata un appuntamento imprescindibile per me, come per tutti i bambini e ragazzi di Ballet. L’Associazione Luar offre una biblioteca molto fornita dove si possono trovare una moltitudine di libri di ogni genere e per tutte le età, in special modo, letteratura per l’infanzia. Non tutti i bambini hanno lo stesso livello di alfabetizzazione, dimestichezza con la lettura o la possibilità di entrare in contatto con libri di ogni genere. In quest’ottica, il laboratorio è una opportunità per addentrarsi, accompagnati per mano, nel mondo sconfinato dei libri. È anche una preziosa occasione per affrontare collettivamente temi come la pedofilia, la famiglia, l’affettività, l’adolescenza, la violenza di genere, l’educazione civica, il rispetto per gli altri e per l’ambiente, in un ambiente sicuro, fuori dai pregiudizi, dando la possibilità ad ognuno di esprimersi in diverse modalità. Ad esempio con le parole, disegnando, scrivendo, osservando, utilizzando costruzioni di legno, e sempre ascoltando e rispettando l’opinione, le domande ed i tempi degli altri. Questo piccolo laboratorio in qualche modo parla molto di me, del grande motivo che mi lega a Jardim Primavera e al servizio civile, del senso della mia partecipazione al progetto Luar. Essendo difficile descrivere a parole l’esperienza vissuta in Brasile nella sua totalità, trovo più efficace raccontare di questo laboratorio che esemplifica, a mio parere, il valore, la pertinenza e l’utilità della mia azione all’interno del progetto di servizio civile in Brasile, con una duplice prospettiva: per me e per loro.
Per me ma più per loro
In diverse situazioni, spesso più volte al giorno, ho provato emozioni davvero intense nel bene e nel male, scoprendo parti di me che in Italia faticavano ad emergere. Nella mia esperienza brasiliana, tutto si è fatto più intenso e spesso ho amplificato anche i sentimenti, come la rabbia, la demotivazione, lo stress, la stanchezza psicofisica per citarne alcuni dei più significativi, cosicché partecipare al laboratorio era un modo per mettere da parte tutto questo. Aldilà del senso del dovere o della responsabilità verso il gruppo ed il lavoro, sentivo che la tranquillità e la lucidità nell’accogliere le storie degli altri, anche per così poco tempo, faceva la differenza per la persona che la raccontava e si apriva. Sentendosi ascoltato, sentivo che settimana dopo settimana era un appuntamento che qualcuno stava aspettando, percepivo che piano piano stavo facendo parte di quell’appuntamento, di questo laboratorio, di quelle attività, di quel determinato gruppo di bambini, a cui a mio volta lasciavo pezzettini importanti di me. Anche se a differenza di altri era un laboratorio strutturato e tenuto dall’inizio alla fine da una educatrice, io mi sentivo parte integrante della sala di lettura e, già dopo pochi incontri, ero diventata come un tramite tra l’educatrice ed i bambini. Ciò penso sia legato al fatto che partecipavo e mi esprimevo insieme a loro, lasciandogli contemporaneamente lo spazio necessario per parlare di loro, ma inserendomi quando potevo contribuire come valore aggiunto con la mia prospettiva. Essendo semplicemente me stessa, ragazza, occidentale, educatrice, consapevole di stare contribuendo alla decostruzione degli stereotipi connessi a queste mie caratteristiche. Ho percepito così facendo che gli spunti di riflessione innescati dalle attività erano arricchiti, e a volte completati, dagli stimoli suscitati dalla mia persona, che spaziavano ad esempio dai miei capelli corti alla mia passione per il karate.
Per loro ma più per me
Attraverso le storie ascoltate, ho avuto modo di riflettere secondo altre prospettive sui temi scomodi come quelli citati in precedenza, molto spesso trasformati in tabù, sia nella nostra società contemporanea che in quella brasiliana, avendo nuovi stimoli per risignificarli e spunti ulteriori per poter comprendere situazioni con cui mi imbattevo negli asili o quando parlavo con le maestre e i genitori. Ho avuto l’occasione di scoprire qualcosa di più sulla marea di situazioni vissute dai bambini di cui non è facile venire a conoscenza, né essere in grado di parlarne con la dovuta attenzione, contribuendo eventualmente a innescare processi virtuosi per trasformarle. Le attività della sala di lettura affrontavano, in modo semplice ma consapevole, problematiche delicate e difficili da narrare perché dolorose, spesso taciute e nascoste. Sandrinha, insieme a volte all’assistente sociale, strutturavano l’attività in modo che ogni bambino si potesse esprimere, trovando sempre la modalità migliore affinché ciò fosse possibile, adattandolo al tipo di classe e al tipo di tema. Gli interventi dei bambini su ogni tema affrontato erano spontanei e diretti, come solo loro sanno fare. Attraverso domande e silenzi, le educatrici avevano la capacità di accompagnare la crescita dei bambini. Temi come la morte o il conflitto venivano affrontati con naturalezza e serietà, senza evitare o sminuire il problema. Sentivo man mano di fare parte sempre di più della forza motrice che facilita un cambiamento sano, che non coercizza, ma influenza positivamente la crescita e la trasformazione di altre persone. Ciò è stato possibile semplicemente agendo come me stessa e, allo stesso tempo, come parte di qualcosa di più grande, qualcosa che ha gettato le radici molto tempo fa e che ogni anno si rigenera e cresce con le nuove persone che gli danno nuova linfa. Cambiano i laboratori, ci sono meno finanziamenti, ma non cambia la voglia di fare e di spendersi per un progetto comune sorretto da valori forti e basato su azioni concrete. Spesso azioni piccole ma che racchiudono un grande motivo fondante, un grande messaggio, delle grandi emozioni. Come nella sala di lettura che mi ha aiutato a rispondere alla grande domanda che mi è stata posta tanto in Italia quanto in Brasile, la domanda che penso essere alla base di tutte le altre, ovvero “perché faccio tutto questo?” Credo che la risposta sia “per tutti noi”.
Sirah Addone
Volontaria in Servizio Civile in Brasile
Sede di Duque de Caxias