“I sogni sai vanno dipinti anche se non li vedi! Ma se poi ci pensi spesso svaniscono proprio perché non ci credi..”
Poche ore ancora e le mie nuove birkenstock approderanno in Ghana, dopo circa un anno che le vecchie l’avevano salutata. Ci sono cose che brami così tanto, per le quali combatti, ti batti, ma che alla fine non vanno. E ci sono cose che hai sempre desiderato ma mai osato cercare. E succedono.
Credo che con il Ghana sia stato amore al primo atterraggio, e dopo ogni decollo mi rendevo conto di quanto io avessi lasciato di me stessa proprio qui. Mi rendevo conto di come le sue radici iniziassero a crescere in me fondendosi con i rami, e mi faceva riflettere il fatto che il desiderio di tornare qui potesse essere veramente più forte di tutto. Della vita che avevo, delle mie abitudini, della mia quotidianità. Voglio donare me stessa agli altri e voglio farlo qui, perché ho ricevuto tanto e voglio poter dare di più.
Sono spaventata, questa volta sarò veramente da sola. Elisa in Ghana, per un anno. Abbi cura di me, come io ti ho sempre protetta e difesa nel mio cuore. Scuotimi dal torpore che incattivisce e rendimi una persona migliore. Riempi il vuoto. Riempi i miei vuoti.
Non mi avevano detto che sarebbe stato facile, ma sapevo che ne sarebbe valsa la pena.
Sono quasi giunta alla fine del mio anno di servizio civile in Ghana, per la precisione ad Adidome e già mi chiedo come sarà ritornare a casa, ritornare alla quotidianità. Ma cosa vuol dire quotidianità? Perché stare qui per me è diventato quotidiano, le galline che mi svegliano e le rane che mi cantano la ninna nanna sono diventate quotidiane, comprare tilapia e banku con okro stew dalla donna in paese è diventato quotidiano, chiedere ogni giorno ad Agogo, uno dei nostri bambini, se OGGI è il suo compleanno e sentirmi rispondere OGNI GIORNO che lo è, è diventato quotidiano. La nostra vita è fatta di scelte, ognuno di noi le fa, molte volte, quasi senza accorgersene. Presentarmi a quei colloqui a settembre 2018 è stata una delle scelte migliori che potessi fare. E non perché la vita è sempre rose e fiori e perché il sogno che avevo nella testa si è realizzato così come lo avevo pensato. Ci sono stati momenti brutti e difficili, ai quali neanche la simulazione delle peggiori catastrofi al corso di formazione mi aveva preparata. Ci sono stati momenti di solitudine, di interrogativi, di malattia, di confronti e litigi. Momenti in cui mi mancavano gli amici, la mia famiglia, il ristorante giapponese. Ma ci sono stati momenti che sono bastati a convincermi a rimanere, a perseverare, a confermare ogni giorno la scelta che avevo fatto, momenti che sono bastati a riempirmi il cuore di gioia.
La disabilità in Italia non è facile, nessuno vorrebbe conviverci e nessuno se la augura per sé stesso. La disabilità in Ghana è anche peggio, perché non c’è la giusta informazione, non c’è prevenzione, poche cure e tanti pregiudizi. Ma i nostri ragazzi, sono un portento, un mix esplosivo di energia e risate… E tanto amore. AGOGO ti colpisce per la sua timidezza e la sua solarità, Dela per la sua disarmante forza e fragilità, Etonam o Nonno per gli amici, beh lui vive in un mondo a sé, però a volte ride quando gli canti delle canzoni. Koku e i suoi spasmi, mangerebbe fino a scoppiare solo per riempire i vuoti di cibo (e di amore) che vive quando torna a casa sua. Martin, ballerino e cantante eccezionale, anche se non ho mai capito una parola di quello che dice, David, che assomiglia tanto a Shreck con quei suoi piedoni e che mi chiama amore, Moses un gigante adulto bambino, Patrick al quale la polio ha portato via la capacità di camminare ma non di sperare, Ben il boss supremo, anche se mi domando come facciano a capirlo, Pastor Godwin che dall’alto dei suoi 40 anni circa piange alla vista di un termometro, Dogon, affetto dalla sindrome di Down ma intelligente e affidabile, Achi e Kowiwi, Achu dalla carnagione così chiara che sembra un giapponese e a volte piange per delle cose che immagina solo lui. E poi Lidya che non sente e non parla ma si fa capire benissimo ed Elizabeth con la sua testardaggine e il bisogno di affetto. E poi il più anziano, che sembra un ragazzino. Adja, 44 anni di forza di volontà e lavoro costante. La cucina è il suo regno.
Come fare a lasciare questo microcosmo così unico e raro, speciale e misterioso per ritornare alla “normalità”?
La normalità è anche andare alla ricerca della farina di grano 0 per preparare la pizza al mio compleanno, la normalità è trovare un posto nel villaggio vicino che prepara la pizza e andarci ogni sabato, la normalità è vedere i bambini, inizialmente impauriti dal mio cagnolino ghanese che giocano con lei, la normalità è bere Pito con due vecchiette tutto pepe, la normalità è quest’anno che ho scelto di dedicare a me e agli altri.
Non per forza tutte le scelte che facciamo devono avere un senso immediato, a volte bisogna solo credere nella bellezza dei propri sogni. Il Ghana mi ha scelto e io continuerò a sceglierlo, perché esiste un altro modo di vivere, di sperare, di relazionarsi con gli altri, di vedere il futuro. Qualcuno mi ha detto che ogni giorno è Natale se abbiamo cibo sulla tavola e la famiglia e gli amici accanto.
Questa è una delle più belle lezioni che ho imparato.
Ero una calabash vuota. Tu mi hai riempita con l’entusiasmo, l’altruismo, la gratitudine, l’amore, la pace. Mi hai regalato i sentimenti più nobili che avevo perso. Tormentami fino a quando non mi avrai tra le mani. Scuotimi dal torpore che incattivisce.
Elisa Parata
Volontaria in Servizio Sivile in Ghana
Sede di Adidome