Lettera aperta agli operatori volontari e alle operatrici volontarie
Queste giornate particolari per tutto il Paese e per il mondo, incidono anche nel mondo del servizio civile universale.
L’emergenza sociale collegata al diffondersi di questo nuovo virus, il Covid-19, ha portato allo stravolgimento della quotidianità. Se prima davanti alla novità improvvisa ci stropicciavamo gli occhi, ora non possiamo farlo.
Se prima uno starnuto veniva salutato da un coro solidale che diceva “salute”, adesso è seguito da occhi timorosi che scrutano se si sia alzata la barriera di un fazzoletto o almeno della piega del gomito. Molti hanno scoperto solo in questi giorni di essere dotati di una piega del gomito.
Le nostre città e i nostri paesi, hanno cambiato ritmi, stili e fisionomia. I negozi sono chiusi, oppure vuoti, così come le piazze.
Noi italiani sperimentiamo il sospetto alle frontiere del mondo.
Le distanze sociali si dilatano. Non è un caso che restino a riposo i parrucchieri, che sono i professionisti che entrano di più nel nostro spazio di intimità. Tutto si ritira, si affievolisce, si sospende.
Il modo più efficace per essere cittadino attivo oggi sembra la saggia sottrazione, la vita ritirata. Restare a casa è la risposta giusta per contenere il virus, per rispettare l’altro, per prendersi cura della popolazione più fragile: gli anziani e le persone con disabilità.
Fino a qualche giorno fa i ragazzi e le ragazze del servizio civile erano un sostegno vitale delle persone fragili della nostra società. Oggi rischiavano di essere una minaccia per la loro salute, così anche per questo il servizio civile è stato sospeso.
Allora vogliamo restare vicini a chi fino a pochi giorni fa veniva visitato dai ragazzi e dalle ragazze del servizio civile e oggi si sente più solo. Così come vogliamo salutare i giovani che, per le circostanze drammatiche del momento, hanno dovuto sperimentare questo distacco prematuro da questi nuovi amici e amiche.
Anche se distanti non interrompiamo questo desiderio di vicinanza, di voglia di essere cittadini solidali. Fa male dover interrompere tutto questo. Naturalmente sarebbe stato peggio proseguire in modo incosciente, ma ora è il momento di proseguire con altri mezzi il viaggio solidale.
Sono infatti molti i gesti, attivi o contemplativi, che si possono fare in questi giorni. Stare in casa, non creare situazioni di sciocca occasione di contagio, allenarsi all’assenza, esercitare la resilienza, rendere creativa una noia, parlare con un amico o amica, passare del tempo in famiglia. Aderire a forme solidali di convivenza con i vicini di casa. Fare la spesa per una persona anziana del condominio. Informarsi. Monitorare le attività solidali che si possono fare in continuità. Raccontare il servizio civile, valorizzarlo verso se stessi e gli altri, usare i social per raccontare. Far ridere le persone più spaventate e più fragili.
Non smettiamo di esercitare la responsabilità, teniamo duro. Noi come ente CESC Project con tutto il sistema di formatori e OLP siamo qui, sia in presenza che in lavoro agile, a garantire collegamento e punto di riferimento. Voi siete altrove, le persone che seguivate in un altro posto.
Ma non smettiamo di essere una comunità di servizio civile resiliente in una comunità più grande. In questa situazione lo spirito di creatività ci sta attraversando e insieme ci stupiremo di come sapremo dargli corpo. Così come
quotidianamente voi siete stupiti, quando credete di andare ad assistere ed educare qualcuno e poi scoprite di essere formati come cittadino e come persona proprio da loro. È quella la vicinanza che non vogliamo dimenticare, perché quella vicinanza siamo noi.
Ci aspettano giorni che ci metteranno forse ancora di più alla prova, affronteremo la paura per farci trovare pronti. Andrà tutto bene se sapremo stare ognuno responsabilmente al proprio posto, ma soprattutto se sapremo fare tutti quanti tesoro di quanto sia importante prendersi cura l’uno dell’altro. Perché tutto questo “mi riguarda”.
Lo staff del CESC Project