Nel dibattito interessante nato sul quotidiano “Avvenire” sulle prospettive del Servizio Civile Universale, arriva anche il 23 aprile la posizione del Coordinametno Enti di Servizio Civile C.E.S.C. a cui aderiamo come CESC Project,insieme ad Associazione Mosaico ed altri. A nome di tutti interviene Michelangelo Chiurchiù con un articolo con proposte chiare, contestualizzate e in una visione precisa del servizio civile universale. Buona lettura!

Riportiamo il testo integrale dell’intervento:

Caro Direttore,

come Presidente del CESC – il primo Coordinamento degli Enti di servizio civile nato nel 1982 – e come iniziale portavoce di organismi e personalità del mondo del servizio civile e della nonviolenza italiana vorremmo entrare nel dibattito sul servizio civile avviato meritoriamente dal Suo giornale per condividere  alcune proposte.

La domanda che ci siamo posti è stata: come, in una situazione conclamata di minaccia alla sicurezza nazionale, si può impiegare la preziosa risorsa di 30.000 giovani operatori del servizio civile universale in maniera efficace ed efficiente?

Occasionalmente, e per piccoli contingenti (per terremoti ed alluvioni soprattutto), il servizio civile è stato già dispiegato in queste situazioni ma mai come forza coordinata in maniera continuativa a livello nazionale e territoriale.

A motivo delle sfide che ci vengono imposte dalla pandemia occorre invece prevedere una specifica funzione del servizio civile, e dei giovani in esso coinvolti, come risorse preziose di “difesa e protezione civile” a dimensione territoriale, nazionale e sovranazionale.

 Lo strumento “principe” per rendere attivo questo nuovo ruolo è la formazione.

Attualmente è prevista per tutti gli operatori del servizio civile una formazione generale ( la Costituzione, storia dell’obiezione di coscienza, lavorare in gruppo, ecc.), e una formazione specifica che affronta invece argomenti strettamente connessi al progetto di impiego.

Sarebbe utile una terza parte parte addestrativa basata sull’acquisizione di conoscenze e “manualità”, utili ad affrontare minacce ambientali, sociali e sanitarie omogenea per tutti gli operatori, a prescindere dal fatto che svolgano il loro servizio in biblioteca,  in casa famiglia o in un centro per anziani. Una formazione con esperienza “addestrativa” funzionale alla costituzione di una “Forza di Riserva da minacce non armate”.

L’ipotesi è quella di due settimane di formazione intensive, da svolgersi nel primo mese di servizio, organizzata e gestita dalle Protezioni Civili Regionali, in collaborazione con gli enti operanti nel settore della assistenza medica e della protezione civile e ovviamente in raccordo con gli enti di servizio civile.

Ma per affrontare minacce diffuse territorialmente occorre anche una struttura organizzata che conosca quale risorsa abbia a disposizione, come è diffusa sul territorio e quali caratteristiche abbia, con che modalità possa essere utilizzata. Sarebbe funzionale, ad esempio, un’organizzazione complessa e decentrata che coinvolga, oltre Il Dipartimento per le politiche giovani e il Servizio civile Universale (DPGSCU), anche quello della Protezione civile con le sue strutture regionali e delle Province Autonome (RPA), gli Uffici Leva dei Comuni e anche le Forze Armate (FFAA).

Il flusso organizzativo di questa “Forza” potrebbe essere di questo tipo.

 I soggetti deputati a questa formazione dovrebbero essere dei “Nuclei Quadro Regionali” formati da personale della Protezione civile, volontari di enti del terzo settore operanti nel settore emergenza, soccorso, protezione civile, personale delle FFAA in ausiliaria,… a cui sono affidati operatori del servizio civile.

Il DPGSCU trasmetterà periodicamente i dati ed i curricula degli operatori di servizio civile agli Uffici Leva comunali  i quali a loro volta invieranno questi elenchi ai “Nuclei Quadro Regionali” che avranno il compito di promuovere e avviare le attività formative.

Bisognerà altresì prevedere dei richiami annuali di 5/6 giornate per almeno 3 anni onde valorizzare le competenze acquisite ed evitare che ci sia la dispersione di queste risorse già formate.

I “Nuclei Quadro Regionali” poi, in caso di mobilitazione, assegneranno ai gruppi di protezione civile comunale e territoriale, quei giovani formati senza specifiche capacità o conoscenze, per cui è bastante la formazione di base fornita, oppure ad “unità specializzate ad hoc” quelli dotati di conoscenze specifiche e preziose (ad esempio gli psicologi utili per assistere la popolazione nell’affrontare traumi interiori derivanti da un Lock Down).

Pensi Direttore: se avessimo un “contingente” annuo di 50.000 operatori del servizio civile, e un’organizzazione basata sul richiamo si garantirebbe, una volta a regime, la mobilitazione complessiva di circa 200.000 cittadini di età compresa tra i 20 ed i 32 anni di età, con una formazione di base adeguata!

Non solo: vista la diffusione degli operatori del servizio civile sul territorio italiano, si eviterà, lo spostamento di questa risorsa umana, attivabile invece nelle vicinanze della propria residenza, garantendo in tal modo celerità e conoscenza delle realtà locali!

I costi?

Per la formazione generale “rafforzata” all’inizio del periodo di servizio, si potrebbe implementare quanto attualmente il Dipartimento impegna come contributo all’ente di servizio civile per ogni operatore formato e non dovrebbe essere un grande problema trovare piccole risorse nei bilanci regionali per la formazione di richiamo per un triennio.

Come incentivi da assegnare ai “richiamati”, si potrebbe estendere quanto già in essere per i dipendenti di aziende che facciano parte di strutture volontarie inquadrate nel sistema di Protezione Civile oppure studiare altre formule.

In conclusione: i giovani si aspettano che la collettività offra occasioni concrete per esprimere le loro capacità, energie e potenzialità.

La natura ci ha impartito una lezione, e noi dobbiamo apprendere da quanto abbiamo vissuto, adattando le istituzioni e le comunità alla nuova realtà perché è l’adattamento ai cambiamenti il vero segreto dell’evoluzione.

Cordialità.

Michelangelo Chiurchiù

Presidente CESC

 

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